martedì 31 gennaio 2012

Lunch time

Il bar della biblioteca è davvero un luogo pittoresco.
Se passate in qualsiasi momento della giornata, lo vedrete discretamente popolato, ma non troppo. Tra le 12.30 e le 13.30, invece, esso pullula di bibliotecari affamati e inferociti.
Per evitare di dover aspettare che si liberi un tavolo, fare interminabili file alla cassa e creare ulteriore scompiglio alle cameriere, abbiamo adottato la tecnica di recarci a pranzo prima. Perciò, ogni giorno, alle 12.09 in punto entriamo nel bar della biblioteca e ci dirigiamo con passo deciso verso il tavolino in fondo, a fianco all'espositore per le brioches.
Martina si siede a sinistra del tavolo e deposita la borsetta nella sedia vicino alla sua. Deysi si siede di fronte a lei e, con la precisione millimetrica data dall'abitudine, colloca il cellulare vicino al portatovaglioli, formando un angolo di 90 gradi.
La barista - che ormai ci conosce fin troppo bene - aspetta che ci accomodiamo e ci chiede, per gentilezza più che per effettiva necessità, che cosa ordiniamo e appunta coscienziosamente "un milanese e un francese" (o almeno fa finta, perché dopo tutto questo tempo presumiamo che abbia imparato a memoria la nostra solita ordinazione).
Finito il pasto, ci chiede sempre: il solito? Sapendo che per solito si intende un caffè macchiato e un espresso, una girella e una treccia alla nutella. Sul piattino del caffè giacciono sempre una bustina di zucchero bianco e una di zucchero di canna, che noi bibliotechine ci scambiamo con gesto meccanico, senza nemmeno più chiedercelo, tenendo così due bustine di zucchero bianco una e due bustine di zucchero di canna l'altra.
Andiamo infine alla cassa, dove passiamo le nostre tessere-pasto perfettamente uguali e con il resto prendiamo delle caramelle gommose che conserviamo in soppalco (in teoria, sarebbero per gli ospiti, ma dato che riceviamo pochissime visite, finiamo per mangiarcele noi... Solo per evitare che vadano a male, sia chiaro!).

Altri giorni, invece, andiamo di corsa per cui il nostro pranzo consiste in grassi idrogenati di varia natura ingurgitati al volo. In questi giorni tristi ci consoliamo "facendo la spesa" al bar della biblioteca; ovvero ci presentiamo lì munite di tessera e sperperiamo tutti i soldi del pranzo in lecca-lecca, caramelle gommose, cioccolatini e pacchetti di chewing-gum. I primi tempi le bariste erano piuttosto allibite, vedendoci uscire con tutti quei dolciumi in mano. Ora se ne sono fatte una ragione e quando arriviamo in orari non convenzionali, ci preparano subito un sacchetto per portare via il bottino.

Tutta questa routine ci dà delle certezze, che crollano come un castello di sabbia quando, al posto della nostra solita cameriera, siamo accolte, un giorno, da l'altra.
Entriamo in biblioteca e ci suggerisce di accomodarci al tavolino vicino al frigorifero, un tavolino al quale non ci siamo mai sedute. Guardiamo con nostalgia il nostro tavolino preferito, dall'altra parte della sala, già occupato. Fedifrago...
Ma  il bello arriva quando viene il momento di prendere il caffè.

- Vorrei un caffè macchiato e una brioche al cioccolato.
- Cioccolato? Non c'è la brioche al cioccolato, - Deysi non arriva a sentire il resto della frase perché è svenuta sul tavolo - ce l'abbiamo solo alla nutella.
Martina sbuffa - La nutella andrà benissimo lo stesso... E per me una brioche con la marmellata, per piacere.

Due minuti dopo la cameriera torna con caffè e brioches. C'è solo una bustina di zucchero bianco per ogni piattino e noi povere bibliotechine ci guardiamo sconsolate: niente scambio di zucchero oggi.
Deysi rinviene sentendo il profumo di cioccolato. No, scusate, nutella.

- Per chi era la brioche con la nocciola? - Ancora confusa per lo shock di prima, Deysi la guarda come se fosse un alieno.
- Nocciola? Quale nocciola? Dov'è il mio cioccolato?
- Cioccolato? Ma non abbiamo le brioches al cioccolato.

giovedì 26 gennaio 2012

Disgrazie in corso - ED. SPECIALE VILLAZZANO

E' un dato di fatto ormai assodato che il senso dell'orientamento non era in dotazione con il kit da bibliotechina.
Se ci troviamo ad un bivio, state pur certi che sceglieremo la strada sbagliata. Se ci troviamo in un senso unico e non ci sono altre direzioni  possibili, scenderemo alla fermata dell'autobus sbagliata. Se siamo a piedi e non c'è proprio possibilità di equivoco, tireremo avanti dritto per 2 km prima di renderci conto di aver già superato la biblioteca da un pezzo.
Tuttavia, con Villazzano ce la caviamo particolarmente male.

PRIMO VIAGGIO
Con tutta la nostra grazia abituale, siamo scese alla fermata sbagliata, of course. (Per ulteriori dettagli, vedi Autobus, treni e graziosi mezzi pubblici. Part II)

SECONDO VIAGGIO
Prendiamo l'autobus numero 3 e rimaniamo vagamente perplesse nel vedere che fa un giro diverso da quello che ricordavamo, tuttavia senza darci troppo peso, ci godiamo il viaggio.
A un tratto, l'autobus si ferma. Eppure, non c'è nessuno in attesa di salire o scendere. Siamo rimaste solo noi e dal posto di guida giunge l'urlo - drammatico - Capolinea.
Ma com'è possibile? Siamo ancora a Madonna Bianca! Scendiamo e dinnanzi a noi troviamo la scritta "Villazzano 3". Che significa tutto ciò? Che razza di scherzo è mai questo? E, soprattutto, dov'è Villazzano 2?
Cerchiamo la biblioteca. Prima in salita. Poi in discesa. Poi dietro. Ma Villazzano non c'è.
Infine troviamo una fermata dell'autobus (solo qualche chilometro più in là, eh, tranquilli!), saliamo sul primo mezzo che intravediamo all'orizzonte e preghiamo in tutte le lingue del mondo che porti nel posto giusto.
Arriviamo nuovamente alla fermata sbagliata di cui sopra.

TERZO VIAGGIO
Questa volta abbiamo studiato accuratamente l'autobus da prendere, gli orari, il percorso e la fermata giusta.
L'autobus dovrebbe arrivare alle 7.42, ma per non correre alcun genere di rischio ci troviamo alla fermata alle 7.30.

Ore 7.31 - Fermata dell'autobus: Ci affanniamo in direzione della fermata, trascinandoci dietro quintali di libri pesantissimi. Mentre siamo sul punto di raggiungerla, arriva l'autobus numero sei diretto a Villazzano (così c'è scritto sulle insegne luminose) e si ferma dinnanzi a noi. Valutiamo se salirvi oppure no e infine decidiamo di non rischiare, per paura che possa fare un giro alternativo rispetto a quello delle 7.42. Lo vediamo partire senza rammarico.

Ore 7.32 - Fermata dell'autobus: Arriva un secondo autobus numero sei diretto a Villazzano, sul quale si ammassano gli studenti delle superiori, spingendosi e saltando uno sull'altro. Ignoriamo pure questo autobus e aspettiamo ancora.

Ore 7.33 - Fermata dell'autobus: Arriva un altro autobus numero sei, questa volta diretto alle scuole Pascoli. Ci guardiamo perplesse e aspettiamo ancora.

Ore 7.40 - Fermata dell'autobus: Negli ultimi 7 minuti abbiamo visto marciare davanti ai nostri occhi una parata di autobus numero sei, con le scritte più varie: Enaip, C.F.P., Sopramonte (eh? Ma non era dall'altra parte?). Gli studenti si sono riversati all'interno di tutti quanti in modo aggressivo e minaccioso, come se ne andasse della loro vita.
Alla fine, stanche di aspettare, saliamo su un autobus a caso. Anche se scendessimo alla fermata sbagliata... Quanto sarà grande Villazzano?


Ore 7.56 - C.F.P.: Non sapevamo cosa/dove fosse il C.F.P., ora invece ne siamo fin troppo consapevoli. Scendiamo e iniziamo a cercare la biblioteca di Villazzano.
Ehi aspetta un attimo... ma quelli in fondo alla strada non sono i palazzoni di Madonna Bianca?
E che ci fanno a Villazzano?!?

Ore 8.21 - Villazzano "Chiesa": Dopo quasi mezz'ora di camminata in salita, sui tacchi, con borse piene di libri pesantissimi in spalla, arriviamo in cima alla strada e finalmente iniziamo a vedere un po' di case e di vita. Ci siamo! Siamo quasi arrivate.
Aspettate un attimo, io quella chiesa la conosco.
Incredibile ma vero, per la terza volta, ci ritroviamo alla fermata sbagliata.

martedì 17 gennaio 2012

The origin of a legend

Siamo sempre andate d'accordo, questo non si può negare.
Già il primo giorno, ci siamo capite al volo. Dopo una settimana sembrava che ci conoscessimo da una vita, e la formazione residenziale ha rafforzato ulteriormente il nostro legame.
All'inizio, il mondo puntava contro di noi: 
Vi do due mesi prima che iniziate ad azzuffarvi
Vi odierete entro qualche settimana. 
Voglio proprio vedere se riuscirete a sopravvivere l'una all'altra, stando sempre insieme voi due da sole per tutto quel tempo!

Ormai siamo quasi al terzo mese e molti degli scettici si sono dovuti ricredere.
Non solo non ci odiamo, ma abbiamo dato origine ad un altro curioso fenomeno: la fusione in unico essere leggendario.

All'inizio era solo una questione di atteggiamento o di idee molto generiche. I ragazzi delle Politiche Giovanili ci chiamavano (e ci chiamano tuttora, in realtà) le zitelle acide per il nostro atteggiamento un po' arcigno nei confronti del resto del mondo.



Poi la situazione ha iniziato a peggiorare e... Siamo diventate due mostri!
Intratteniamo intere conversazioni con solo uno sguardo. 

"Ciao ragazze! Dove andiamo a pranzo?"
Sguardo d'intesa. "FEUDO!" (tipico bar in centro storico)
"Ma la lettura di ieri com'è andata?"
In coro: "Be'... AHAHAHAH!"
"Sapete che c'è un lettore bravissimo che..."
Insieme: "CUCCURULLO!!!"

E via dicendo.

Abbiamo addirittura partecipato insieme ad un laboratorio teatrale sul contatto.
Tutto basato su sguardi d'intesa e comunicazione non verbale.
Chiaramente siamo state bravissime.

Anche la scelta del panino a pranzo al bar della biblioteca, tutto sommato, è congrua nella sua eterogeneità.
"Allora, prendiamo... un milanese e un francese, per favore!"
Tutti i giorni, naturalmente, perché siamo abitudinarie come i gatti.

Il nostro amore per gli stessi libri invece comporta qualche problema, come le lotte intestine per decidere chi leggerà stavolta Tararì Tararera.

Temiamo il giorno in cui sperimenteremo anche l'amore per lo stesso esemplare maschio...

giovedì 12 gennaio 2012

Il gentiluomo in biblioteca

La biblioteca è un luogo di sapere. Essa custodisce il patrimonio culturale della nostra società.
I più grandi filosofi e oratori hanno attinto alle sue fonti per trarne ispirazione.
Scrittori di intelligenza acuta affollano i suoi scaffali con le perle della loro mente.
Il sapere dell'umanità giace racchiuso tra quelle mura, pronto a essere sprigionato dagli avidi lettori.

Tutta questa saggezza universale si riflette sul volto concentrato dei passanti, sui loro passi lenti e pesanti, sulle loro braccia cariche di libri... Chissà quali pensieri metafisici affollano i loro cervelli sopraffini?

Per quanto - come i nostri adorati lettori ormai ben sapranno - siamo esperte conoscitrici dell'animo umano e nulla sfugge al nostro sguardo vigile, non ci è concesso di sapere quali frutti brillanti abbia partorito la loro mente nelle ore di studio.

Fino a oggi.

Stamani, entrando in biblioteca, esposto in bella vista, stava un dibattito tra alcuni dei nostri frequentatori.
Sì, confessiamo.
Non abbiamo saputo resistere alla tentazione di pararci davanti alla porta con tanto di macchina fotografica e immortalare il tutto.



mercoledì 11 gennaio 2012

Spacciatrici

Gironzoliamo per la biblioteca con aria sospetta. La guardia giurata non ci perde mai di vista. Le bibliotecarie sorridono diffidenti. Persino i passanti si sono accorti di noi.
Sanno quello che vogliamo fare, ma non possono fare nulla per fermarci.
Sottraiamo la merce con disinvoltura. Basta un attimo di distrazione e siamo già fuggite col bottino.
Non ci sono prove contro di noi. Eppure lo sanno tutti.

La voce si è sparsa e riceviamo mail, sms, telefonate e persino visite in soppalco da clienti disperati, che ne vogliono ancora. Non ne hanno mai abbastanza.

Aspettiamo all'angolo della strada. Il cliente si avvicina guardingo.

- Ce l'avete?

Tiriamo fuori un pacchetto dalla borsa, lasciandogli il tempo per controllare che sia tutto in ordine prima di sgattaiolare nei vicoli bui della città.

Volete entrare nel nostro giro? Prego, prendete un numero. Gli altri ve li procuriamo noi. Il vostro segreto sarà il sicuro. Nessuno saprà mai...

Che avete barato per ottenere...

L'intera collezione di...


* Per chi non lo sapesse, i sognalibri sono una collezione di segnalibri d'autore che vi verranno forniti gratuitamente prendendo in prestito un libro o un dvd.
Sono TRENTASEI.
E tutti i nostri amici li vogliono.

martedì 10 gennaio 2012

Shoah

Una quiete innaturale pervade la stanza. Non ci sono più canzoni, risate, karaoke coi passanti. Solo silenzio.
Nessuna delle due osa parlare. Ci guardiamo e leggiamo l'angoscia opprimente e indescrivibile negli occhi dell'altra.
Noi non ci siamo passate, non siamo sopravvissute, non sappiamo cosa significhi.
Eppure quei piccoli assaggi di vita che non è più vita, di infanzie spezzate, di sofferenze, di devasto... Ci toccano nel profondo.
Bambini. Abbandonati, nascosti, persi, dimenticati, senza nome, uccisi, picchiati, sanguinanti, morti.
Che cos'è un ebreo? Ricorre spesso questa frase. Una bestia. Un insetto. Meno di un insetto.
Se ti sparano, sei un ebreo.
Sbirciamo questo mondo di orrori attraverso le finestre dei libri e vorremmo subito richiuderli, allontanarci, coprirci gli occhi per non vedere.


Sono solo due settimane che abbiamo iniziato a preparare le letture per la Giornata della Memoria e ne avremo fino al 27 gennaio. A pensarci ci sembra un tempo infinito.

E' solo un mese. Che cos'è un mese in confronto a due anni di lager, sei anni di guerra, mesi di fame?

Noi non lo sappiamo. Non possiamo saperlo. Possiamo solo immaginare.

Il Giorno della Memoria non è il giorno dei morti, per cui esiste già una data [...]. Il 27 gennaio è invece il giorno dei vivi: della memoria per i vivi e non della commemorazione dei morti. E affinché un evento acquisti carattere pubblico per una comunità occorre che si costruisca la consapevolezza di un lutto, e dunque di un vuoto. In altri termini, di qualcosa che segni collettivamente uno scarto tra prima e dopo. La memoria pubblica altro non è che la consapevolezza di quel vuoto.

Il libro della Shoah, Ogni bambino ha un nome - Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano

martedì 3 gennaio 2012

Un trip, mentale e non [ED. SPECIALE MADONNA BIANCA]

Consultiamo l'orario degli autobus, speranzose, per poi scoprire che sono spaventosi per cui ci toccherà alzarci a ore impronunciabili per riuscire ad arrivare in tempo - ma questi sono amorevoli sacrifici che si fanno volentieri per il proprio lavoro.
Con la faccia di chi ha urgente bisogno di un caffè (e magari anche di un secchio di acqua ghiacciata in testa) ci precipitiamo verso la fermata, paventando già di vedere partire l'autobus senza di noi. Arriviamo con la faccia arrossata e il fiato corto, la gambe tremanti, il cuore che palpita a mille. Sì, sembriamo proprio due nonnine, ma la cosa importante è che l'autobus non sia ancora passato e siamo in perfetto orario.

Attendiamo.
Dieci minuti.
Aspettiamo ancora.
E' in ritardo.
Ulteriore attesa.
Siamo quasi in ritardo anche noi, ormai.

Finalmente intravediamo all'orizzonte l'enorme carcassa di metallo arancione e urliamo vittoria. Saliamo e partiamo impavide ancora una volta verso una meta sconosciuta.
Oltrepassiamo la questura e, poco più in là, ecco comparire le familiari sagome degli orrendi palazzoni di Madonna Bianca. Ce l'abbiamo fatta! Prenotiamo subito la fermata, ma... Perché i palazzoni sono alla fine della strada in salita e il nostro autobus invece prende quella in discesa?
Non ci lasciamo spaventare per così poco e appena riusciamo a smontare, iniziamo a seguire la strada che ci sembra più probabile.
A questo punto, le versioni su ciò che accadde sono molteplici. C'è chi ritiene che siamo cadute in una dimensione parallela. Altri sostengono che fosse tutto frutto di un esperimento alieno. I più scettici, infine, credono che sia stato tutto un sogno.
Fatto sta che di punto in bianco ci ritrovammo nel paese di Oz, a seguire la famosa strada concentrica di mattoni gialli che porta dall'altrettanto famoso mago.*


Arrivate in cima, dopo essere sopravvissute all'impeto di un vecchietto in bicicletta che ci ha quasi investite, cerchiamo l'ormai ben noto cartello "Biblioteca" e rimaniamo sconcertate nello scoprire che un cartello non c'è... Ce ne sono due! Uno indica a destra e l'altro e sinistra della stessa strada.
Seguiamo prima quello a destra, giriamo tutt'intorno a un imponente edificio grigio senza trovare alcunché e ci ritroviamo di nuovo al punto di partenza.
Allora seguiamo quello a sinistra e la scena si ripete.
Demoralizzate, chiediamo indicazioni all'unico passante in circolazione nel raggio di chilometri. Come si suol dire, in medio stat virtus e infatti non occorreva andare né a destra né a sinistra, bensì su per le scale.
Il gentilissimo passante, dopo averci dato quest'informazione ci guarda con aria affabile e chiede "Siete le signore delle pulizie?".
No comment.

E' stato complesso, ma siamo riuscite ad arrivare in perfetto orario. Sono le 8.30 precise quando varchiamo la soglia della biblioteca. La bibliotecaria, tuttavia, ci guarda costernata.
Siamo in anticipo di un paio d'ore, ci spiega.

Oh, bè.
Tararì tararera, per ingannare il tempo (e il nervoso) decidiamo di andare a far colazione nell'unico bar nei dintorni.
L'unico bar nei dintorni in questione non è un bar.
E' un pizzorante di gestione indiana, nel quale aleggia un fortissimo odore di curry.
Entriamo annaspando alla ricerca di bevande calde. Deysi ordina un cappuccino. Martina, chiedendo un espresso, si sente rispondere: "Ah, va bene, due cappuccini allora".
Martina ripete l'ordinazione.
"Un espresso, per favore".
"Espresso? Caffè?"
No, quello delle dodici e trenta per Torino.
Arrivano cappuccino e caffè regionale con vagone biciclette.
Mentre beviamo, il gestore ci invita insistentemente a frequentare più spesso il suo locale.
"Qui voi beve birra, vino bianco, mangia pizza!"
La brioches invece non è contemplata nel menù e noi restiamo a pancia vuota.
Prima di uscire, il gestore di cosparge gentilmente di biglietti da visita del suo altro ristorante a Mori nel quale potremo bere birra, vino bianco e mangiare pizza.




Il racconto termina qui per presunto suicidio delle due volontarie esaurite.




* Nota per i turisti: nei pressi di Madonna Bianca c'è veramente una conturbante stradina di mattoncini che ondeggia verso il Centro Civico. Non abbiamo potuto resistere alla tentazione di canticchiare Over the rainbow  trotterellandoci sopra.
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